Negli ultimi giorni il Mediterraneo ha continuato ad essere incriminato per le morti, i flussi, i tragitti, le migrazioni di migliaia di uomini, donne e bambini. La colpa è stata addossata a Rabat, alle NGO, ai pochi controlli, e quindi costantemente sottolineata la necessità di incrementare le pattuglie sulle frontiere, per fermare “l’assalto, l’invasione, l’aggressione” di quelle che sono persone che per miliardi di ragioni diverse esercitano il loro diritto a spostarsi, muoversi, migrare e cercare una vita migliore.
Esattamente come noi in Europa, con la sola differenza che il loro viaggio viene definito illegale: un’illegalità data dal provenire da Paesi “sottosviluppati” (colonizzati,e le cui risorse sono state e vengono tuttora sfruttate per il nord del mondo) e “poveri” (depravati, appunto delle loro risorse).Si continua ad incolpare delle politiche inefficaci, in realtà deumanizzanti, cercando un loro inasprimento, senza capire che sono proprio quelle politiche a generare sfruttamento, tratta, povertà, marginalità.
L’arrivo di migliaia di migranti a Ceuta, l’enclave spagnola nella costa del Marocco, ha immediatamente richiamato i versi del “soy una raya en el mar, fantasma en la ciudad” ( …) ciò che migranti continuano ad essere visti agli occhi dei politici europei. Corpi razzializzati su cui speculare, copertine di volti senza nomi, spettacolarizzati, incolpati, additati per l’aspirazione a, con tutti i mezzi a loro disposizione (illegali, perché a loro quelli legali non sono concessi) costruirsi un futuro più sicuro e sereno. Se il migrante mediterraneo è una raya, una striscia, quello che muore in un cpr è un “fantasma nella città”, che scompare tra il grigio dell’indifferenza italiana, sprofondando tra le lenzuola bianche in cui si ritira.
Musa Balde, di 23 anni, respinto per la seconda volta della fortezza europa, vittima di aggressioni violente, che si rifiuta, esausto, di vivere nel modo in cui l’Europa lo condanna.Ricordiamo, con tanta rabbia, i volti di Musa Balde e del migrante senza nome di Ceuta, abbracciato dagli ultimi spiragli di umanità.