Migranti, In fuga per sfuggire all’infibulazione ritrova il marito

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La storia di una donna sbarcata a Palermo e accolta in Calabria

Le due valigie sono pronte e già chiuse, tutta la sua vita è raccolta dentro, adesso K. aspetta che venga domani. Già domani, questa giovane donna migrante, della Costa d’Avorio, inizierà una nuova vita in Italia con suo marito che non vede da tantissimi anni e l’aspetta al Nord. E’ l’ultimo giorno che K. trascorrerà a Bagaladi, piccolo centro aspromontano in provincia di Reggio Calabria dove è stata accolta nel progetto della Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) gestito dalla Cisme e dove ha fatto un percorso per integrarsi, cominciando ad imparare l’italiano.

“Grazie” ripete agli operatori e il suo sorriso parla chiaro. Nei suoi occhi non c’è più la tristezza e la paura di quando è arrivata a settembre, dopo lo sbarco avvenuto a Palermo. Lei era tra i 219 migranti a bordo della Louise Michel, la nave battente bandiera tedesca finanziata dall’artista britannico Banksy che ha navigato in mare con il ponte sovraffollato aspettando per giorni di poter attraccare in un porto sicuro, fino a quando non è intervenuta la Guardia costiera italiana. 

La nave Luise Michel 

La Luis Michel è una nave che l’artista britannico Banksy avrebbe personalmente ridipinto nel porto di Cameret, in Bretagna. Sulle fiancate si legge la nuova mission di quella che era una motovedetta civile: “Rescue” ovvero salvataggio; sulle fiancate, spiccano poi le serigrafie delle ciambelle di salvataggio a forma di cuore. La nave, una veloce ex motovedetta delle dogane francesi ristrutturata e attrezzata come nave di soccorso, batte bandiera tedesca anche perchè molte delle circa dieci persone di equipaggio provengono da esperienze di «Search and rescue», di ricerca e soccorso, con le imbarcazioni di Sea Watch.

Il sogno di portare il figlio in Italia

K. fa programmi per il futuro e sogna di riuscire a portare in Italia suo figlio, di sette anni, che non vede ormai da molti anni. “Lui è rimasto in Costa d’Avorio con i nonni paterni” – dice. Il suo corpo, di donna migrante, racconta delle violenze subite e le cicatrici sono una mappa del suo passato. “Sono scappata dal mio Paese per sfuggire all‘infibulazione e alle violenze del mio secondo marito, che ho dovuto sposare con un rito tradizionale per volere della mia famiglia quando il mio primo marito è andato via. Io non volevo sposarmi, questo era un uomo vecchio e cattivo, ma non ho potuto dire no. Poi sono riuscita a scappare. Volevo ritrovare l’uomo che amo, il padre del mio bambino, che è stato costretto ad andar via dalla Cost’Avorio a causa della sua salute. Adesso lo riabbraccerò dopo tutti questi anni e dopo aver attraversato il mar Mediterraneo e tante difficoltà”.