Crowdfunding, Humus e Lita.co per contrastare lo sfruttamento dei migranti in agricoltura

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Lavoro instabile, di breve durata e stagionale, questo è il lavoro in agricoltura in Italia. Un lavoro sempre più spesso lasciato ai migranti, soggetti vulnerabili, che costituiscono così un potenziale bacino d’offerta di lavoro sottopagato e dequalificato, in mano ai caporali. Si stima, infatti che i lavoratori stranieri costituiscano circa un quarto del totale della manodopera in agricoltura (Dossier statistico immigrazione, Idos – 2018). Una cospicua parte di questo bacino di manodopera risulta ingaggiata irregolarmente, attraverso il “caporalato”.

Dunque, malgrado sia in vigore la legge contro il caporalato ancora nella campagne italiane sembra vigere la legge del più forte e così ecco che ritornano le cronache di sfruttamento. Solo pochi giorni fa nell’Agro Pontino, a Terracina, alcuni migranti indiani sono stati spronati a fare di più a colpi di fucile e sotto la minaccia di un coltello puntato alla gola, ma cinque di loro hanno avuto il coraggio di denunciare.

Humus, la startup per contrastare il lavoro sommerso

Eppure c’è chi sta lavorando, da anni, per cercare di cambiare le cose, attivando buone pratiche per contrastare lo sfruttamento dei migranti in agricoltura e creare un cambiamento culturale e politico. E’ Humus è la prima rete di Job Sharing, nata a Cuneo, dedicata alle piccole e medie aziende agricole interessate a condividere la forza lavoro nel rispetto della sostenibilità aziendale e dei diritti dei lavoratori.

Startup innovativa a vocazione sociale con la mission di contrastare il lavoro sommerso ed il caporalato in agricoltura fornendo agli imprenditori agricoli la possibilità di accedere ad una rete di lavoratori stagionali e non, regolarmente assunti e propriamente formati.

Una startup che nasce dalla dedizione di Elena e Claudio, impegnati da anni in progetti di sviluppo territoriale e di integrazione. 

Claudio Naviglia è un antropologo e imprenditore sociale torinese. Sviluppa e gestisce da anni progetti innovativi di inserimento sociale e lavorativo dei migranti.

Elena Elia è una psicologa e imprenditrice sociale cuneese. Ha un passato da psicologa in progetti di comunità e di supporto psico-sociale a richiedenti asilo e rifugiati.

Il comune impegno li ha condotti – nel 2015 – alla creazione di Aps MiCò, un’associazione per lo sviluppo territoriale, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti.

Forti delle rispettive esperienze professionali e umane, Elena e Claudio hanno deciso nel 2018 di avviare un progetto imprenditoriale che unisse le loro competenze e risolvesse il problema del lavoro nero nel settore agricolo.

Luca Barraco è un educatore professionale che si è reinventato imprenditore agricolo, dopo aver lavorato per anni a Torino (sua città natale) in progetti di integrazione sociale per migranti, teatro e circo, e di agricoltura sociale. Tre anni fa ha deciso di affiancare alla sua esperienza nel sociale la passione per l’agricoltura, avviando la sua azienda agricola a Bernezzo (a pochi chilometri da Cuneo). Ha portato con sé le esperienze in campo sociale, facendosi subito promotore di progetti di inclusione di migranti e collaborando con altre realtà agricole del territorio.

È stato uno dei promotori del contratto di rete InGrana (del quale adesso è presidente). Ed è proprio attraverso questo gruppo di aziende virtuose e alla ricerca di collaborazioni per uno sviluppo sostenibile che Luca è tornato in contatto con Claudio, col quale aveva collaborato in progetti di inclusione sociale per migranti a Torino. Subito l’idea di Elena e Claudio è piaciuta anche a Luca e – con l’aiuto di altre aziende agricole – è nata la sperimentazione di Humus. 

Humus nasce per combattere il caporalato e il lavoro sommerso in agricoltura. Nel nostro Paese circa 30.000 aziende (il 25% di quelle che impiegano manodopera dipendente in Italia) impiegano forza lavoro tramite l’intermediazione di caporali (fonte dati: “Quarto Rapporto Agromafie e Caporalato”, Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil, 2018), con condizioni di lavoro più o meno “decenti”.

Su un milione di lavoratori agricoli in Italia, gli stranieri sono circa quattrocento mila: di questi, solo il 28% ha un contratto completamente regolare.


La gestione del lavoro irregolare e il caporalato in agricoltura valgono circa 4,8 miliardi di Euro, mentre l’evasione contributiva è stimata in quasi 2 miliardi di Euro (ibidem). Si tratta di un business in mano per lo più a organizzazioni criminali organizzate (italiane e straniere) o, nella migliore delle ipotesi, a imprenditori con pochi scrupoli e intermediari (caporali) che sfruttano le condizioni di disagio sociale ed economico.

La soluzione: reti territoriali tra aziende

Per contrastare questa situazione di precarietà e illegalità diffusa, Humus propone una soluzione efficace e vantaggiosa sia per le aziende agricole che per i lavoratori, ossia: la creazione di molteplici reti territoriali di aziende agricole che possano attingere, in base alle proprie esigenze, a lavoratori regolari e formati, rispettando i loro i diritti, condividendo costi e benefici del lavoro regolare.
Le aziende possono usufruire di vantaggi economici da un’assunzione condivisa attraverso uno strumento comodo e funzionale. I braccianti agricoli potranno vedersi garantito un contratto regolare in agricoltura per tutto l’anno, grazie alle reti di aziende con produzioni differenti promosse e supportate burocraticamente da Humus.

Humus offre alle aziende e ai lavoratori 3 servizi il Job Matching, il Job sharing e la formazione

Il secondo ramo di attività è quello relativo alla promozione di contratti di rete. Questa forma di collaborazione tra imprese è disciplinata dalla legge italiana e permette loro di dividere alcuni costi fissi (per esempio legati alla burocrazia) e godere di accordi, convenzioni e finanziamenti, pur mantenendo autonomia operativa.

 Al via il crowdfunding

Adesso Humus è in votazione su LITA.co, un crowdfunding per reperire il capitale necessario ad avviare e strutturare l’attività, testare il business model e costruire delle solide basi per una crescita capillare su tutto il territorio. Il percorso di crescita prevede molteplici step e a ciascuno di questi è dedicato uno specifico round di finanziamenti.

Stiamo raccogliendo fondi, – dice il team di Humus –  che ci permettano di sviluppare l’attività di Humus e raggiungere velocemente i risultati che ci siamo prefissati di impatto sociale contro il lavoro grigio e nero. Dopo questa prima fase di votazione apriremo la campagna di Equity Crowdfunding e, confermando l’ intenzione di investimento, si potrà contribuire in prima persona al successo di Humus e al cambiamento che vogliamo promuovere. Insieme possiamo essere il cambiamento!”.